Tra le molteplici patologie che colpiscono piedi e caviglia, la metatarsalgia è considerata una di quelle più fastidiose e invalidanti.
La metatarsalgia, infatti, si presenta come un dolore diffuso al piede, concentrato soprattutto nella parte anteriore, interessando per l’appunto i metatarsi.
Colpendo la parte anteriore del piede, quindi, la metatarsalgia rende difficile anche la mobilità più semplice, impedendo così anche la normale camminata.
Esistono diversi metodi per curare e liberarsi dalla metatarsalgia, dai trattamenti conservativi ai trattamenti più invasivi come gli interventi chirurgici.
In questo post approfondiremo gli interventi chirurgici per la metatarsalgia, considerando quando sia necessario ricorrere alla chirurgia e quali siano le diverse tecniche.
Cos’è la metatarsalgia?
È difficile definire con esattezza la metatarsalgia. Per semplificare la si potrebbe definire come un’infiammazione che provoca un dolore, più o meno acuto, sull’area dei metatarsi.
Di solito, la metatarsalgia è causata dall’eccessivo stress alla quale sono sottoposti giornalmente i metatarsi. L’utilizzo di scarpe scomode, un eccessivo peso corporeo e un attività fisica troppo intensa e non equilibrata, possono concorrere a stressare particolarmente i metatarsi portandoli ad infiammarsi e ammalarsi.
Presentandosi con un dolore diffuso sulla parte anteriore del piede, quindi, la metatarsalgia compromette, o impedisce, la normale mobilità del piede. Attività semplici come camminare o stare in piedi, per chi è affetto da metatarsalgia, può diventare un calvario.
Se diagnosticata in tempo e se non troppo grave, la metatarsalgia può essere risolta con i trattamenti conservativi. Quando, però, ormai la salute del piede è compromessa e il dolore diventa insopportabile, si può valutare il ricorso alla chirurgia.
Quando è necessario ricorrere alla chirurgia?
Si è già detto che il ricorso alla chirurgia non è quasi mai la prima opzione che viene presa in considerazione.
Di solito, i medici consigliano il ricorso alla chirurgia quando i trattamenti conservativi non hanno dato i risultati sperati e, di conseguenza, la metatarsalgia è diventata invalidante.
Quando il dolore, infatti, diventa cronico e acuto, impedendo la mobilità dell’intero piede, l’intervento chirurgico diventa un’opzione concreta.
Anche le deformità congenite, o patologie pregresse, possono aggravare la metatarsalgia, rendendo sempre più concreta l’opzione chirurgica.
Patologie come l’alluce valgo, il neuroma di Morton o il piede cavo, sono tutti problemi che potrebbero acuire il dolore causato dalla metatarsalgia, contribuendo a rendere invalidante questa patologia.
Quando i trattamenti conservativi non bastano e quando ormai la metatarsalgia ha compromesso la qualità della vita, quindi, l’intervento chirurgico diventa l’unica soluzione adeguata.
Le tecniche chirurgiche più utilizzate
Per curare la metatarsalgia esistono diverse tecniche chirurgiche da prendere in considerazione.
La scelta della tecnica chirurgica dipende soprattutto da due fattori fondamentali:
- gravità e stato della metatarsalgia;
- aspettative ed esigenze del paziente.
Facciamo dunque un focus su quali siano le diverse tecniche chirurgiche utilizzate per trattare la metatarsalgia.
Rimozione delle esostosi
Quando lo stato della metatarsalgia è ormai avanzato, la troppa pressione e gli eccessivi traumi alla quale i metatarsi sono soggetti, potrebbero formare delle protuberanze ossee, denominate esostosi.
Uno degli interventi chirurgici meno invasivi e al contempo più efficaci, è proprio la rimozione delle esostosi.
Le esostosi si formano sulla testa dei metatarsi e contribuiscono ad acuire di molto il dolore tipico della metatarsalgia.
Tramite una piccola incisione nella zona interessata, il chirurgo rimuove le esostosi liberando i metatarsi da queste protuberanze. Questo diminuirà di molto il dolore, nel migliore dai casi facendolo anche scomparire del tutto. Il risultato sarà il risanamento dei metatarsi e la riacquisizione della normale mobilità del piede.
Osteotomia metatarsale
Questo intervento è leggermente più invasivo rispetto alla rimozione delle esostosi. Nonostante ciò, l’osteotomia metatarsale è l’intervento più comune e diffuso per risolvere la metatarsalgia.
Questo intervento chirurgico prevede il riallineamento dei metatarsi, permettendo così il riassettamento della normale fisionomia del piede. Ciò comporterà la possibilità di distribuire il peso corporeo in maniera adatta così da limitare il più possibile la pressione alla quale sono soggetti i metatarsi.
L’intervento vero e proprio consiste nella rimozione di una piccola porzione del metatarso (o di più metatarsi) così da riposizionare l’osso correttamente. Per fissare al meglio la posizione, poi, alle volte vengono utilizzati strumenti di fissazione (placche o viti). Come già detto, questo permetterà di limitare lo stress eccessivo sui metatarsi.
Artroplastica di resezione
Quest’ultimo tipo di intervento è indicato per i casi di deformità acuta articolare o degenerazione delle ossa metatarsali.
Abbiamo già parlato di come la metatarsalgia possa essere causata da deformità del piede e patologie pregresse. Quando il paziente è affetto, quindi, da deformità, degenerazione ossea o altre patologie, l’artroplastica di resezione sembra essere la tecnica chirurgica più efficace.
L’intervento, infatti, prevede la rimozione di una parte dell’articolazione compromessa, così da permettere ai tessuti circostanti di guarire nella maniera adeguata, formando una sorta di articolazione alternativa che può alleviare il dolore e ridare la mobilità persa.
L’artroplastica di resezione può sembrare una tecnica invasiva e dolorosa. In realtà, anche se il recupero post-operatorio può risultare abbastanza lungo, i risultati non tradiranno le aspettative.
Neurolisi e neurectomia
Quando una delle cause della metatarsalgia è una condizione nervosa, come il neuroma di Morton, la neurolisi e la neurectomia sono le tecniche consigliate per risolvere il problema.
Questi tipi di interventi prevedono la rimozione del nervo compromesso e infiammato (neurectomia), oppure la liberazione del nervo dalla pressione dei tessuti circostanti compromessi dall’infiammazione (neurolisi).
In entrambi i casi, queste tecniche comportano la riduzione della compressione dei nervi e, di conseguenza, la riduzione del dolore e il ritorno della mobilità.
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