Quando diventa necessario l’intervento al tendine d’Achille? Il tendine d’Achille, simbolo mitologico di vulnerabilità ed elasticità, rappresenta un pilastro per tantissimi atleti moderni. Nomi importanti dello sport come Zanetti e Beckham hanno avuto a che fare con lesioni importanti a questo tendine, soprattutto a fine carriera. Il motivo è che il Tendine di Achille conosciuto anche come tallone d’Achille è il più lungo e sollecitato del nostro corpo. Per questo è vulnerabile a lesioni e rotture.
La rottura del Tendine d’Achille: perché succede?
Diversamente da altri tendini, come il tibiale posteriore, il Tendine d’Achille non dispone di un supporto vascolare adeguato. Infatti, ad avvolgerlo c’è soltanto un sottile strato chiamato “peritenonion“, il cui supporto vascolare è abbastanza limitato.
Questo nutrimento insufficiente è concausa della degenerazione cronica del tendine a circa 3-4 cm dalla sua inserzione nel calcagno, che è la parte più lontana da ogni supporto vascolare. In questi casi, il paziente presenta un tendine ispessito e dolorante. In questi casi, l’intervento al tendine d’Achille è necessario.
Intervento Tendine d’Achille: terapie di primo step
Durante la fase iniziale, la TecarTerapia e le onde d’urto vengono utilizzate per migliorare la vascolarizzazione e alleviare il dolore. Il problema è che queste terapie di rado riescono ad arrestare il processo degenerativo, aumentando il rischio di rottura. La degenerazione del Tendine d’Achille va a progredire, quindi l’intervento al tendine d’Achille è inevitabile.
Ortobiologia: la nuova frontiera
L’ortobiologia sta diventando una risorsa innovativa per fermare la degenerazione cronica prima di qualsiasi intervento chirurgico. I PRP, o fattori di crescita, vengono estratti dal sangue del paziente tramite una semplice centrifugazione e poi iniettati nel tendine. Un’altra tecnica prevede l’uso di cellule totipotenti dal tessuto adiposo, prelevate e poi filtrate per l’iniezione intratendinea.
Cura, prevenzione, diagnosi precoce e intervento Tendine d’Achille
Se queste tecniche falliscono, il tendine potrebbe rompersi. Molto spesso accade per un trauma minore percepito dal paziente. Tutto questo significa che la malattia degenerativa è già in corso. Le esperienze di Beckham al Milan ne sono un esempio: tante lesioni importanti accadono senza un apparente trauma esterno.
In questi casi, è fondamentale la diagnosi precoce. Fatta in modo tempestivo, consente di minimizzare la retrazione dei monconi del tendine. Dopo la rottura completa, il muscolo tende a contrarsi e accorciarsi. La situazione quindi si aggrava. La diagnosi clinica di solito viene supportata da esami di imaging come ecografie o risonanze magnetiche.
Dopo la diagnosi precoce è necessario eseguire un intervento al tendine d’Achille tempestivo per ripristinare la lunghezza tendinea. Le migliori sono le tecniche mini-invasive, perché riducono il rischio di complicazioni post-operatorie. Inoltre, favoriscono la guarigione più rapida. Queste tecniche, inoltre, limitano lo stress sui tessuti molli e consentono una riabilitazione più veloce.
I detrattori della mini-invasività
Ci sono alcuni specialistiche che criticano le tecniche mini-invasive. A loro parere, compromettono la stabilità del tendine riparato. Tuttavia, alcuni studi condotti presso la Duke University hanno dimostrato l’efficacia e la stabilità di queste metodiche. È stato infatti evidenziato che l’immobilizzazione a 90° nelle fasi iniziali porta alla lunghezza tendinea corretta.
Terapie in caso di mancata diagnosi e ritorno alle attività
Nel 20% dei casi, la lesione al Tendine d’Achille può essere diagnosticata in tempo. In questi casi, non è possibile optate per la riparazione diretta della retrazione tendinea. Invece, sono richiesti dei transfer tendinei.
Ci sono tecniche innovative, come la “tecnica dell’allograft”, tecniche mininvasive spesso supportate dall’utilizzo di cellule staminali che consentono di ricostruire in modo stabile e con poca invasività. I tempi di recupero sono gli stessi di quelli delle riparazioni semplici.
Per quanto riguarda il ritorno alle attività, i pazienti dovranno rimanere immobilizzati a 90° per 40 giorni. La totale ripresa avviene circa due mesi dopo l’intervento, mentre il rientro allo sport richiede tra i 7 e i 9 mesi.Concludendo, l’intervento al tendine d’Achille è necessario quasi sempre. Fortunatamente, la chirurgia e le terapie innovative risolvono sempre le lesioni, anche quelle più gravi.